New York, New York

Pubblicato da Antonio Ferrero Cracas

Intorno agli anni Trenta, New York era diventata l'epicentro del jazz, dopo che Chicago, nel precedente decennio, aveva accolto tutti quei musicisti che il proibizionismo aveva allontanato da New Orleans. La nuova musica, che doveva diventare la piu' alta espressione creativa d'America, cassa di risonanza dei piu' difformi umori, venne ritenuta da un'infinita' di americani il simbolo stesso del male. Mentre per i jazzmen il nomignolo a loro piu' caro e' sempre stato "The Apple", magari con qualche aggiunta poetica, "of the eyes", forse in ricordo della tentazione di Eva in quella sorta di paradiso terrestre sulle rive dell'Hudson. La citta', con i suoi clubs, i suoi teatri, i suoi ritrovi e la vita luminosa che si consuma fra Times Square e l'intrico che circonda la piazza, e' sempre stata la meta primaria di ogni musicista nero. L'epicentro era la Cinquantaduesima strada, la "via" per definizione, dove questa musica usciva da ogni locale, da ogni porta, da ogni cantina, con la sacralita' di altre importanti arterie che hanno costruito la storia del jazz: la Lenox e la Seventh Avenue, ad Harlem. Per molti anni i bianchi di Broadway andavano a sentire e vivere la vicenda dell'altra razza nel ghetto nero della citta', dove si tentava con l'esorcismo della musica di stordirsi dal disagio sociale della segregazione. E fu proprio da Harlem che parti' il riscatto del nero, anche se agli albori del secolo quell'area era stata una zona residenziale della razza bianca, per poi essere popolata in seguito da ebrei, italiani, tedeschi, irlandesi appartenenti al ceto medio. Fu quando nacque la moda di andare a vivere a Manhattan, fra le luci di Broadway, che il quartiere venne occupato dalle comunita' nere, provenienti dai luoghi piu' remoti in cerca di fortuna. Ecco perche' quel catino ribollente del divertimento, della trasgressione e del vizio, venne chiamato la "Parigi nera" e venne perfino suddiviso in gironi danteschi dallo scrittore afroamericano Leroi Jones.
Impegnati a far dimenticare il colore della pelle e secoli di dolore e di pena, i neri del ghetto newyorkese si preoccupavano di offrire il meglio del loro talento creativo ai bianchi. Il tutto duro' per molti anni, fino alla Black Revolution: quando, negli anni sessanta, il quartiere divento' proibitivo per l'altra razza a causa del dominio del Balck Power. Da quel momento la negrita' venne esibita come un vanto, una supremazia del fisico e dello spirito, anticipazione ideologica dello slogan "Balck is beatiful" che, per molti anni provochera' un duro sobbalzo di coscienza che coinvolgera' anche la storia del jazz.
(Tratto dalla "Storia del Jazz" di Walter Mauro)


Coleman Hawkins (1935)

7 commenti:

bourbaki ha detto...

bello il filmato

Anonimo ha detto...

Allora questa mattina, caro Antonio, spostiamo l'attenzione da Chicago a New-York(The apple) e precisamente ad Harlem, nome magico che evoca le più disparate suggestioni musicali. Siamo intanto nei primi anni TRENTA.Il crollo della Borsa c'è già stato (1929). Notevole è stata anche la mobilità sociale sia logistica che di censo. Questo aiuta anche a comprendere perchè per i "bianchi" questa musica "nuova", "diversa","improvvisata", "fuori dai canoni della tradizione classica" può apparire come il simbolo del male. Del sovvertimento di un certo ordine,insomma, secondo me. E questo fa paura. Anche nell'ARTE.
Sotto le ceneri si sta preparando con largo anticipo la "Black Revolution"!
Grazie.Con l'augurio ,caro Antonio, di una, quanto meno, serena giornata.
Marianna

Anonimo ha detto...

A proposito di Coleman Hawkins, caro Antonio , puoi dirmi qualcosa di tuo sulla sua musica e sulle sue interpretazioni? Da profana mi è piaciuto molto.
Ti sarai accorto che io cerco di comprendere il tempo storico del fenomeno.Resto tuttavia limitatissima sotto il profilo della tecnica musicale.
Dimmi molto semplicemente perchè è un grande. Perchè lo è, effettivamente. Cosa io potrei rispondere a chi mi ponesse questa stessa domanda?
Affettuosamente, Marianna.

Antonio Ferrero Cracas ha detto...

cara marianna,
Coleman Hawkins nacque a St Louis, Missouri, l’8 marzo del 1901 e morì a New York il 15 maggio del 1969. Fu un musicista di straordinario talento: la sua tecnica strumentale era in perfetta simbiosi con la sua creatività. Non si legò mai a stili correnti dell’epoca e per questo e’ tutt'ora considerato un caposcuola da tutti i jazzisti amanti del sax tenore. La sua voce calda e suadente sapeva coinvolgere l’ascoltatore attraverso il fraseggio accattivante, all’apparenza essenziale, ma mai banale pur essendo molto diretto. Secondo i critici, Coleman Hawkins puo’ essere paragonato ad altri due grandi del jazz, Louis Armstrong e Charlie Parker , per il numero di musicisti che, nelle varie generazioni, si sono rifatti il suo inconfondibile stile musicale.

Grazie e a presto.

Anonimo ha detto...

Grazie per l'esauriente spiegazione ma mi occorre ancora una precisazione(tu dirai che sono una rompiscatole!!).
Che cos'è il sax tenore ? Perchè si dice così?
Il sax è il sassofono ovviamente. Tenore perchè? Si riferisce alla tonalità della voce di colui che canta?
Scusa, Marianna.

Antonio Ferrero Cracas ha detto...

Si dice tenore per la sua estensione proprio come la voce. Ti ricordi il mio post "Come nascono gli strumenti"?
Ecco come si suddividono le voci:

Voci femminili.

Canto - voce acuta
Soprano - voce semi acuta
Mezzo Soprano - voce sopra centrale
Contralto - voce centrale

Voci maschili.

Tenore - voce sotto-centrale
Baritono - voce semi-grave
Basso - voce grave

I sax piu' utilizzati nel jazz sono i seguenti:

Soprano (suono acuto, sembra un clarinetto cromato)

Contralto (più piccolo del tenore ma con la stessa sua forma)

Tenore (il sax in questione)

Baritono (ovviamente più grande del tenore)

Ciao, a presto

Anonimo ha detto...

SEI STATO CHIARISSIMO E GENTILISSIMO.
TI AUGURO UNA FELICE NOTTE!
MARIANNA