La via Californiana

Pubblicato da Antonio Ferrero Cracas

Con l'intervento della California al nodo degli sviluppi e delle ramificazioni della musica jazz, il nero d'America si trovo' di fronte a problemi imprevedibili e nuovi, che l'eta' dello swing aveva di certo evidenziato con caratteri talvolta negativi. Proprio nella West Coast nasce negli anni cinquanta un nuovo e diverso tipo di jazz, prevalentemente bianco, anche se alcuni innesti di musicisti di colore si riveleranno poi determinanti ai fini di una ipotesi di rinnovamento.
Ampliare il discorso attorno ad un fenomeno del genere vuol dire anche sottolineare in quale misura il grande esodo dei profughi della Dust Bowl abbai contribuito a fare della California una sorta di terra promessa, con slogan pubblicitari fatti di frasi attraenti come: "La terra del mare al tramonto", "Lo Stato dell'occasione d'oro". Cosicche', a cavallo degli anni cinquanta, la nascita del movimento della beat generation ebbe con il jazz rapporti molto stretti, al punto che la definizione jam session ando' ad adattarsi anche alla poesia: in effetti, furono pittori, poeti, narratori, jazzmen, gli uomini della beat generation californiana, e tutti potrebbero riconoscersi nella concitata biografia di Allen Ginsberg: la madre morta in manicomio, lui prima facchino in una stazione di autobus, poi estensore di discorsi politici per un candidato al Congresso, lavapiatti in un locale alla moda, mozzo di bordo su navi da carico.
Giunto a San Francisco in autostop, Ginsberg vi trovo' due nuclei di artisti: i tradizionalisti, che si adagiavano su situazioni di comodo, e giovani ribelli ansiosi di novita'. Nel 1954, Ginsberg organizzo' una riunione di poeti davanti ad una gran folla incuriosita, costituita dalla borghesia della citta', alla quale lesse il suo poema Howl: per la prima volta nella storia delle tornate letterarie si verifico' fra il pubblico bianco il singolare fenomeno di ritrovarsi ad accompagnare i versi di Ginsberg con il tipico beat della musica jazz. Quasi a voler realizzare un piu' diretto incontro non solo tra le due espressioni, ma tra le due razze. Comincia insomma a serpeggiare quel contesto di ribellione tipicamente bianca che avra' largo riscontro nella cultura degli hippies.
E' lungo una simile proiezione culturale che si muove il jazz degli anni cinquanta in California. L'alternativa a tale movimento avanguardistico, che andra' a sfociare nel cool jazz - jazz freddo, molto cerebrale che ebbe il suo antesignano il Lester Young ed avra' il suo protagonista in Miles Davis, il maggior talento che abbia prodotto il jazz moderno - vi era l'impegno di un gruppo di jazzmen bianchi nel far rivivere certe formule espressive del vecchio jazz di New Orleans. Questo revival non tardera' a rivelarsi nel tempo una mediocre operazione commerciale. Invece, l'altro movimento californiano offri' a sua volta elementi molto piu' utili e positivi di sviluppo del linguaggio jazzistico. I musicisti che si resero protagonisti di tale movimento furono sopratutto il trombettista, compositore e arrangiatore Shorty Rogers ed in seguito Gerry Mulligan, un sassofonista di New York emigrato a San Francisco nel 1951: quest'ultimo costitui' un singolare quartetto senza pianoforte con Chet Baker alla tromba, Bob Whitlock al basso e Chico Hamilton alla batteria, il gruppo proveniva, nel suo nucleo essenziale, dall'orchestra di Stan Kenton.
Musica raffinata ed al contempo corposa, il jazz californiano rimase per qualche tempo saldamente alla ribalta, pur non rivelandosi mai cosi' divertente come la musica swing, dalla quale il jazz della West Coast si distingueva proprio per il distacco un po' intellettualistico che esibiva di continuo. La ribellione a questo processo di recupero dei bianchi diede il via, attraverso la cultura nera di Harlem, alla meta' degli anni Cinquanta, all'esplosione dell'hard bop: nato e sviluppatosi proprio come contrapposizione al cool della West Coast.
(Tratto dalla "Storia del Jazz" di Walter Mauro) Nella foto Chet Baker


Gerry Mulligan - Walking Shoes - 1956

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissimo Antonio,eccomi!
L'argomento del giorno mi ha subito catturato. Perchè? Perchè parlare della beat generation,che in America è fenomeno degli anni Cinquanta,ma che da noi arriva nei mitici anni '60, è parlare della nostra gioventù.
Allen Ginsberg,idolo dei giovani impegnati in quegli anni, insieme a Jack Kerouac. Di Ginsberg ricordo un recital di poesie, sicuramente tratte da "HOWL" con accompagnamento appunto musicale, in un locale della solare arabo-normanna Palermo. E le lunghe chiacchierate con le amiche adolescenti,che volevano darsi già da allora un tono da intellettuali.C'era infatti chi scriveva, chi recitava(le ho ritrovate poi a Napoli in palcoscenico), chi dipingeva e chi ovviamente suonava. Andava forte il basso e la chitarra tra i ragazzi,che io ricordi, ma anche il sax si difendeva.
Interessante questa divisione tra i due generi e le caratteristiche peculiari del Jazz Freddo, che però mi pare di capire è rimasto un fenomeno circoscritto.
Passo ora all'ascolto del sax di Gerry Mulligan e poi ti dirò ancora.
Un abbraccio sempre affettuoso.A più tardi.Per ora: buon pranzo!!
Marianna

Anonimo ha detto...

Ho ascoltato, in tutta tranquillità, Gerry Mulligan qualche oretta fa.Devo dire che l'ho trovato gradevolissimo sopratutto negli "a solo".
Però non c'è quella vis di altri musicisti come Lester Young e sopratutto Charlie Parker.
Questa è la mia impressione.Da profana ovviamente.
Grazie. Buon proseguimento di serata e un abbraccio.
Marianna
PS. Stasera comincerò a leggere di Carlo Fruttero "Donne informate dei fatti". Così sarò a Torino.